DISCLAIMER: Questo off season è stato pensato come uno speciale di Natale. Cercate dunque di prenderlo con… spirito natalizio

La neve accarezzava i tetti e le strade di Milano. I candidi fiocchi riempivano l’aria portando via ogni rumore. Nonostante tutti stessero ultimando i preparativi per l’indomani, per coloro che camminavano sulla neve le vie erano silenziose e calme. L’aria gelida sferzava con la sua furia coloro abbastanza sciocchi da uscire di casa.

Guido Trivulzio avanzava lento nella neve. La fredda armatura nera, che proteggeva le sue sembianze dagli occhi indiscreti, si faceva più pesante con il passare delle ore e della neve. Il suo incedere era deciso e, nonostante il rischio di scivolare, la sua solita fierezza accompagnava i suoi passi. Villa Trivulzio era pronta per le celebrazioni del giorno dopo e il Primo Cacciatore sembrava soddisfatto e adeguatamente nutrito. Guido sentiva di essersi meritato del tempo libero e, come ogni volta, c’era un solo luogo in cui gli sarebbe piaciuto essere. Alla cintura pendeva l’arma che un tempo era stata del cavaliere Guerra. Una lunga spada che, a poche parole di Guido, avrebbe potuto risolvere qualsiasi problema con la neve. Non era sua intenzione dare nell’occhio, la neve poteva essere un’ottima alleata nella sua passeggiata notturna.

In mezzo al bianco e al grigio che governavano sui colori della città di Milano a causa della neve, le tracce di sangue spiccavano come vernice su una tela. Guido si fermò, osservando le rosse striscia a terra. La mano corse immediatamente alla spada e l’altra allo scudo, purtroppo senza trovare nulla. Spesso e volentieri dimenticava di portare tutto il suo equipaggiamento durante le passeggiate. Fino a quella notte non sembrava esser stato necessario. “Poco male”, si disse,”la spada sarà sufficiente”.

Le tracce di sangue sembravano piccole, segno evidente che un essere minuto fosse stato la vittima. “Forse un nano, o un mezz’uomo” sperò Guido. “Fa che non sia un bambino”. Il cacciatore dall’armatura nera si guardò intorno. Se le tracce iniziavano da quel punto, doveva esser capitato qualcosa. Dopo diverso tempo notò la finestra aperta sopra di lui. Il calore e la luce provenienti da essa venivano completamente assorbiti dalla neve. Possibile che qualcosa fosse caduto, o fosse stato lanciato, da quell’altezza?

Deciso a scoprire la verità, Guido si lanciò all’inseguimento. Le tracce fortunatamente erano chiare e, nonostante tutto, sembrava che la neve non riuscisse a coprirle. Qualcosa non andava. Meno evidenti, probabilmente per via della mancanza di sangue, erano le orme di zoccolo che Guido scoprì diversi minuti dopo. Si inginocchiò e provò a riconoscere quegli strani segni. Nessuna campana suonò nei suoi pensieri. La verità gli sfuggiva.

Il cacciatore trovò la fine delle tracce e con esse il corpo del piccolo. Un’ombra era china su di lui ma, appena vide Guido, si dileguò con ampi salti. Il crociato dall’armatura nera corse immediatamente verso il bambino, i suoi occhi vitrei gli fecero capire quanto fosse in ritardo. Si strinse il corpo al petto e, in quel momento, le campane rintoccarono la mezzanotte.

«Molla il bambino, mostro!»

Quelle parole riscossero la mente di Guido dal dolore nel quale la scoperta l’aveva precipitato. Voltò la testa in direzione della voce. Un uomo si ergeva ad una decina di passi da lui. Nonostante la neve, era impossibile per gli occhi non delinearne le fatture. Un lungo mantello rosso proteggeva un corpo atletico, forse più alto addirittura di Guido, il cui abbigliamento non lasciava dubbio alcuno. Si trattava di un guerriero, come la spada e l’ascia al suo fianco chiaramente mostravano, e il suo sguardo stanco tradiva rabbia. La bocca, incorniciata da una barba brizzolata, si aprì nuovamente.

«Ti ho detto di lasciare il bambino. Ultimo avvertimento!»

Guido non riconobbe l’uomo ma il suo istinto da combattente gli suggeriva che potesse trattarsi di un cacciatore. Eppure in lui non vi era traccia di nulla che lo identificasse come tale. Aveva una dignità completamente diversa e, ad occhio, chiunque lo avrebbe scambiato per il più grande dei guerrieri. 
Guido posò a terra il bambino. Prese un freddo respiro e si alzò, estraendo la spada.

«Ascoltami. La creatura che ha fatto quest… »

Fu il suo istinto a parare il colpo dell’uomo e ad interrompere la frase che stava pronunciando. La spada era volata verso l’armatura nera con la velocità di un fulmine. Fortunatamente, dopo essere morto per via dello stesso trucco, Guido aveva imparato a non cascarci. Bloccò l’affondo e, velocemente, il fendente con l’ascia. Provò a rispondere ma, preso dal momento, mancò di convinzione con la sua spada. Le armi dell’uomo lo sorpresero molto velocemente poco dopo, mordendo l’aria intorno alla sua armatura. Fortunatamente per lui, i fabbri milanesi non erano noti in tutta la penisola solo per la bellezza delle loro creazioni. Comprendendo di poter utilizzare la sua nera scorza per ottenere un vantaggio, Guido si fece più ardito con i suoi colpi. Spinse contro il muro l’uomo e, poco prima di parare uno dei suoi fendenti, invocò le fiamme dai suoi incubi. La lama della spada di Guerra si accese nella notte, scacciando la neve e facendo perdere concentrazione al guerriero per un secondo. Quando il fuoco arrivò a pungergli la gola, l’uomo si dimostrò più attento al suo interlocutore.

«Riproviamo»

Disse Guido, con la voce che tradiva l’euforia dello scontro. I suoi polmoni inspiravano l’aria gelida dell’inverno.
«Non sono io ad aver ucciso il bambino. Sono giunto poco prima di te e ho fatto scappare la creatura»
Le parole di Guido non sembrarono fare breccia nella rabbia dell’uomo. Le parole successive furono simili ad un ringhio.
«Provalo! Non sei esattamente una figura rassicurante, cavaliere nero»
Le fiamme della spada di Guido morsero il collo dell’uomo, che trattenne stoicamente il dolore.
«Sei vivo, straniero. Ogni tuo respiro è prova del fatto che io non voglia ucciderti. Saresti già morto se i miei desideri fossero stati diversi»
Passò qualche secondo durante il quale l’uomo pensò. I suoi occhi studiarono la lama di fiamme e l’uomo in armatura nera. Dopo poco, Guido lesse la ritrovata ragione sul volto dello straniero. Pronunciò una parola silenziosa e le fiamme morirono sulla lama della spada. Ci fu un lungo momento di stallo, alla fine del quale il cavaliere nero porse il braccio all’uomo.

«Guido Trivulzio»
Lo straniero prese il braccio e lo strinse in segno di rispetto.
«Klaus»
L’uomo noto come Klaus si avvicinò al piccolo infante, chinandosi sul suo corpo con ossequioso rispetto. Pronunciò delle parole dal suono duro, appartenenti ad una lingua che Guido non aveva mai udito, e tracciò un simbolo sulla fronte del bambino. Il nobile cacciatore ascoltò in silenzio fino a quando non vide lo straniero cominciare a cercare indizi.
«Ho seguito fino a questo vicolo impronte di sangue e zoccoli, Klaus. Le avrai seguite anche tu»
Il diniego dell’uomo arrivò rapido.
«No, io sono comparso alle tue spalle. Prima dell’ultimo rintocco della campana, non mi trovavo qui»
Guido si irrigidì, fissando il lungo mantello rosso che copriva lo strano figuro, e istintivamente posò nuovamente il palmo della mano sull’elsa della spada.
«Chi sei, Klaus? O, meglio ancora, cosa sei?»
La domanda, o forse l’istinto, misero in guardia lo straniero. La fragile tregua che si era instaurata tra i due era in pericolo. Avrebbe dovuto scegliere con cautela le prossime parole.
«Prima troviamo chi ha fatto questo e impediamo che altri bambini vengano reclamati, Guido Trivulzio. Se poi la tua spada vorrà la mia vita, avrai la tua occasione»
Quelle parole non rassicurarono il nobile cacciatore ma, se non altro, rinforzarono la tregua tra i due. Guido mollò la spada e si mise a cercare delle orme a qualche metro di distanza.
«Come dicevo: sangue e zoccoli. Ho trovato un’ombra china sul bambino. Con grandi balzi si è velocemente allontanata. Potremmo cercare delle impronte di zoccoli e seguirle»
Una polvere azzurra superò in quel momento il nobile cacciatore dall’armatura nera. Nonostante la neve, la piccola nuvoletta sembrava brillare nella notte e presto cominciò a spostarsi, seguendo la direzione indicata dallo sguardo di Guido.
«Seguila, Guido, ti aiuterà a trovare ciò che cerchi»

Voltandosi brevemente, il milanese notò Klaus intento a soffiare quella polvere azzurra. Aveva un piccolo sacchetto tra le mani e da esso traeva la sostanza che stava riempiendo l’aria. Poco convinto, Guido chiuse gli occhi e si costrinse a dominare la crescente sensazione che quell’uomo potesse essere un pericolo. Parlava una lingua a lui sconosciuta, aveva poteri e trucchi che probabilmente gli sfuggivano. Tutto il suo essere un nobile cacciatore gli imponeva di non fidarsi. Eppure il pensiero di quel bambino, poco distante da lui, e il fatto che non avrebbe mai visto sorgere il sole sul festoso giorno lo spinsero a controllare le sue sensazioni. Senza rendersene conto, Guido si ritrovò a correre dietro alla polvere azzurra.

Il nobile cacciatore perse la concezione del tempo molto prima di giungere a destinazione. Stava inseguendo quella sorta di incantesimo da minuti, ore, giorni? Quando la sua mente riprese coscienza del luogo in cui si trovava, Guido era giunto in prossimità di un vecchio magazzino ormai in disuso. A terra vide nuovamente del sangue e delle impronte. Sperando di non essere arrivato troppo tardi, il crociato dall’armatura nera si fiondò dentro l’edificio. Questa volta non vi erano segni di trascinamento ma piccole gocce purpuree. Estraendo la spada, Guido percepì delle grida, prontamente soffocate pochi istanti dopo. Il tempo fu sufficiente a permettere al nobile cacciatore di intuire la posizione della nuova vittima. Salendo le scale con pochi e semplici balzi, Guido giunse finalmente sul luogo dell’aggressione. La creatura che stava aggredendo il bambino si fermò quando vide il nobile cacciatore. Gli sguardi dei due si incrociarono poco prima che l’essere cornuto si lanciasse sull’armatura nera che per la seconda volta, quella notte, l’aveva disturbato. L’abominio, dalla forma umanoide ma la zampe e le corna animalesche, si avventò su Guido che prontamente infiammò la spada e si lanciò all’attacco. La forza del nobile cacciatore fu vana contro quella della creatura. Le fiamme morserò il pelo dell’abominio ma questi, ignorando il dolore, spinse Guido contro una parete. “Vai a caccia in gruppo per una ragione, Trivulzio, non è il motivo per le spavalderie” si costrinse a ricordare il nobile cacciatore mentre lottava per liberarsi dalla presa di quell’essere. Sentiva l’armatura piegarsi sotto il tocco malefico dell’abominio. Non avrebbe resistito a lungo.

L’ascia di Klaus si abbattè con ferocia su un braccio della creatura, tranciandolo di netto. Guido venne inondato di sangue e dovette trattenere il fiato per la puzza che riempì il magazzino. Se non altro, l’intervento dello straniero aveva fatto allentare la presa alla creatura che, così facendo, si espose nuovamente all’attacco di Guido. La lama fiammeggiante penetrò a fondo nel ventre dell’abominio, indebolendolo e facendogli lasciare il nobile cacciatore.
«Sembra avessi ragione, Guido Trivulzio. Non sei davvero tu il mostro»
Riprendendo brevemente fiato, il cacciatore dall’armatura nera sorrise sotto l’elmo.
«Non è il momento per gli scherzi, Klaus»
Rispose Guido mentre, insieme allo straniero dal mantello rosso, tornava all’attacco.
«Hai già combattuto un Krampus, Guido?»
La domanda colse di sorpresa il nobile cacciatore che, a fatica, schivò lateralmente un affondo degli artigli della creatura.
«Krampus?»
«Avrei dovuto immaginarlo quando ho visto il corpo del bambino. Tuttavia, questo sembra diverso da quelli che conosco io. Chissà com’è giunto in questa strana città»

La battaglia durò a lungo e fu senza esclusione di colpi. I due guerrieri si batterono con ferocia e soltanto dopo diverso tempo ebbero la meglio sulla creatura. Quando finalmente l’abominio che Klaus aveva chiamato Krampus cadde a terra, Guido e lo straniero dal mantello rosso erano sporchi ed esausti. Il primo pensiero del nobile cacciatore, una volta ottenuto qualche attimo di sollievo, corse al bambino. Precipitatosi verso di lui, si accorse di come fosse ancora vivo. Il tempestivo intervento gli aveva salvato la vita ma, purtroppo, era rimasto ferito e aveva bisogno di cure immediate.
«Klaus, presto, vieni qui!»
L’uomo dal mantello rosso raggiunse Guido con un’agilità sorprendente. Si chinò sul bambino e mormorò qualcosa nella stessa lingua di qualche ora prima. Mentre il giovane umano si addormentava tra le sue braccia, le ferite cominciarono a guarire molto velocemente.
«Sei un uomo ricco di sorprese»
Commentò Guido mentre osservava i prodigi compiuti dall’uomo. Klaus estrasse dal mantello un piccolo cavallo intagliato nel legno e lo mise nelle umili tasche dei vestiti del bimbo.
«Niente di eccezionale, Guido Trivulzio, solo la conoscenza del mio popolo. Vieni, riportiamo questo bambino a casa»
Disse Klaus incamminandosi. Pochi minuti dopo, il gelo e la neve tornarono ad accompagnare i passi dei due uomini. Lo straniero dal mantello rosso aveva avvolto il bambino con parte di esso, per tenerlo al caldo. Guido camminava con lui, in silenzio.
«Sei stranamente silenzioso, Guido, il Krampus ti ha mangiato la lingua?»
La provocazione riscosse il nobile cacciatore.
«Ci sono così tante domande che ho su questa notte, Klaus. Risponderai alle mie domande?»

Pur non vedendolo in volto, Guido giurò che lo straniero dal mantello rosso stesse sorridendo.
«Ti darò le risposte che potrai comprendere»
Il nobile cacciatore annuì. Non era abituato a tutta questa propensione alle risposte. Milano era una città di misteri e, molte volte, le informazioni andavano trovate con l’intrigo e il sotterfugio.
«Cosa ci fai a Milano?»

«Dunque è questo il nome di questa strana città. Da dove vengo io, non abbiamo mai sentito parlare di questo luogo. A giudicare dalla neve, sospetto che voi siate più a sud rispetto alla terra che mi ha visto nascere»

«Dunque vieni dal nord. Territori all’interno dell’Impero?»

«Non ho mai sentito parlare di questo “Impero”, Guido, ma posso raccontarti una storia. Starà a te crederci o meno»

«È più di quanto si faccia da queste parti. Accomodati, Klaus»
L’uomo dal mantello rosso prese un lungo respiro e poi, tenendo lo sguardo basso lungo la strada, cominciò a raccontare.
«Sono nato a nord, nella terra in cui i fiordi incontrano il mare ghiacciato. Quando sono venuto al mondo non c’era alcun “Impero” ma sono decadi, forse secoli, che non torno a casa. Sono sempre stato capace di difendermi, rispettato dal mio villaggio e dal mio popolo. Avevo una famiglia…»
Guido accelerò il passo, interessato ad ascoltare più da vicino le parole di Klaus.
«Una moglie e una figlia. Avrei dato tutto per loro.»
Lo sguardo del nobile cacciatore si abbassò, in attesa del resto della storia.
«Cosa accadde?»
Klaus si fermò, lo sguardo perso nella neve.
«Morirono in questa stessa notte. Passai anni alla ricerca del responsabile senza successo. Mi trovai in ginocchio, piegato dal dolore della perdita. Maledissi gli dei. Maledissi me stesso e la mia incapacità. Se fossi stato a casa, quella notte, probabilmente avrei potuto salvarle. Il mio dolore attirò qualcuno… o meglio qualcosa.»
L’uomo dal mantello rosso riprese a camminare, in silenzio per lungo tempo. Guido decise di attendere, nonostante si rendesse conto di essere arrivato ad un punto fondamentale del racconto. Avrebbe deciso in base alle parole di Klaus se considerarlo o meno una minaccia. Dopo tutto, nonostante tutto di lui sembrasse eretico e pericoloso, aveva salvato un bambino e distrutto un abominio. Per una sera, Milano aveva un debito con lui.
I genitori del piccolo furono sorpresi di vederlo. Non si erano accorti della sua scomparsa, immersi come erano nei preparativi del giorno dopo, si erano addormentati all’improvviso. Guido spiegò loro la situazione e rassicurò i loro spiriti. Quando il duo si congedò da loro, immergendosi per l’ultima volta nel freddo della notte, il crociato dall’armatura nera tornò a voltarsi verso Klaus.
«Cosa ti ha trovato, Klaus? Devo saperlo. Sei un cacciatore? Hai fatto un patto?»
La mano di Klaus fermò le sue parole con un semplice gesto.
«Camminiamo, Guido Trivulzio. Ti devo delle risposte e delle risposte avrai. Ti accompagnerò per la via, poi le nostre strade si separeranno. La notte è ancora lunga e ho molto da fare.»

Fu in quel momento che Guido si ricordò di essere in ritardo. Avrebbe dovuto essere altrove già da qualche ora. Sperava di potersi scusare abbastanza per il suo increscioso ritardo. Gli sarebbe piaciuto passare la notte in tutt’altro modo. Senza aggiungere nulla, il nobile cacciatore si guardò intorno e cominciò a camminare.
«Una voce raggiunse la mia mente, destandomi dal mio dolore. Una scelta fu posta davanti a me: sacrificare me stesso ed evitare che altri dovessero soffrire il mio stesso fato, oppure passare la vita a maledire la mia debolezza. Mi fu offerta forza per combattere e mezzi per vendicare i torti subiti. In cambio avrei visto solo questa notte, per tutta l’eternità. Accettai, ovviamente, e da quel giorno tutto ciò che vedo è neve e gelo»
Guido non si era accorto di nulla e, quando il suo sguardo incontrò nuovamente quello di Klaus, notò che stesse scomparendo.
«Cosa sta accadendo?»

«Milano non è l’unica città ad aver bisogno del mio aiuto. La notte è lunga e ci sono altre oscure creature in agguato»
Sotto il freddo elmo nero, Guido si ritrovò sorpreso.
«Tu vivi questo, ogni giorno, senza mai riposare?»

Klaus annuì, sereno e stanco al tempo stesso. Il nobile cacciatore si trovò istintivamente molto vicino a quell’uomo che aveva appena conosciuto. Non aveva motivo per credere alle sue folli parole ma aveva imparato come diverse cose gli sfuggissero di quell’insolito mondo.
«Grazie, Klaus. Milano ti è debitrice. Se mai dovessi tornare, cerca la famiglia Trivulzio. Avrai sempre il nostro aiuto.»

Un sorriso amaro si disegnò sul volto dello straniero dal mantello rosso.
«Vorrei tu avessi ragione, Guido. La verità è che non tutti sono disposti a rinunciare a questa notte per fare la cosa giusta»
Frugò nel suo mantello e ne estrasse una piccola scatoletta chiusa da un nastro rosso. Porse il piccolo regalo al cacciatore dall’armatura nera.
«Aprilo in presenza di coloro che ami, Guido. Ti regalerà qualcosa che non può essere comprato con l’oro e non può essere guadagnato con il tempo»
I due si scambiarono un ultimo sguardo e poi, sotto gli occhi del nobile cacciatore, l’uomo dal mantello rosso scomparve nell’aria. Il crociato dall’armatura nera non fermò i suoi passi. Fissava il piccolo regalo che gli era stato donato da Klaus. Avrebbe ricordato quell’avventura? Non poteva saperlo, la sua mente era stata ingannata troppe volte. Sapeva solo la persona con la quale avrebbe voluto condividerlo.

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